Recensioni Juvenilia

In questa sezione del blog sono riportate le mie recensioni alle opere giovanili di Charlotte Brontë tradotte in italiano.



Il sortilegio con Il trovatello

Puoi leggere la mia recensione Qui


Il diario di Roe Head

Puoi leggere la mia recensione Qui


Il nano verde

Puoi leggere la mia recensione QUI


Juvenilia

Puoi leggere la mia recensione alla raccolta Juvenilia di cui fanno parte i racconti Lily Hart e Caroline Vernon 
QUI


Storie di geni e di fate

In uno di quei tristi momenti, una volta prese in mano un pacchettino e, aprendolo, vide due riccioli luminosi come oro. Li guardò per un po' e ripensò alle parole di coloro che glieli avevano dati: "Prendili, così potrai ricordarti di noi quando dovrai affrontare le bestie selvagge del deserto o la grande aquila della montagna." (da La ricerca della felicità)

Le tre fiabe presenti in questa piccola raccolta sono state scritte da Charlotte Brontë tra il 1829 e il 1830. Appena tredicenne, Charlotte creò in collaborazione con il fratello Branwell, e l’apporto delle sorelle Emily e Anne, un mondo immaginario in cui i protagonisti erano gli Young Men, i dodici soldatini che qualche anno prima il padre dei piccoli Brontë, Patrick, di ritorno da un viaggio, aveva portato in dono a Branwell. Nella fantasia dei ragazzi i dodici soldati ben presto si configurarono con i reali soldati del Duca di Wellington, eroe di Charlotte e vincitore su Napoleone. Lo scenario che scelsero come sfondo delle loro storie fu la costa dell’Africa occidentale, dove fondarono il fantastico regno di Angria e dove sono ambientati anche gli altri juvenilia, quali Henry Hastings, Il segreto e All’hotel Stancliffe e altri racconti giovanili (per citarne alcuni tradotti in italiano). 
Storie di geni e di fate si può dunque considerare come il principio del fantastico regno nel quale si svolgeranno le avventure successive scaturite dalle penne di Charlotte e di Branwell.
La giovanissima Charlotte era molto affascinata dal mondo della magia e questi suoi primissimi racconti ovviamente ne sono intrisi: geni e fate guidano e abbandonano i protagonisti nei loro pellegrinaggi decidendone il destino.
I racconti sono Un’avventura, in cui assistiamo all'approdo dei dodici soldati nel paese dei geni; La ricerca della felicità, dove uno dei giovani uomini intraprende un viaggio per poi scoprire che la vera felicità è dove sono i propri affetti; Le avventure di Ernest Alembert, un racconto molto descrittivo e piuttosto stravagante. 
In tutte e tre le storie compare un palazzo sfarzoso, tempestato di ogni sorta di gemma e ricoperto dei materiali più sontuosi: la dimora dei geni e delle fate.
Segue i racconti un breve saggio intitolato I Brontë. Una famiglia di scrittori, di Maddalena De Leo

Personalmente ho gradito le prime due storie perché in esse mi è sembrato di cogliere un pizzico dell’incanto delle fiabe orientali. Il terzo racconto l’ho trovato un po' esasperante: le descrizioni di ambienti, palazzi e paesaggi che repentinamente si susseguono, sono talmente piene di meraviglie che creano una specie di sovraccarico nella mente del lettore.
Consiglio questa raccolta a tutti gli appassionati brontëani che da buoni “collezionisti” non possono non avere questi germogli di scrittura in libreria.
L’edizione presenta il testo originale (inglese) a fronte.









Henry Hastings

"Come un bambino, aveva inseguito per tutta la vita l’arcobaleno, e in quali abissi profondi questa ricerca l’aveva precipitato. Quanto spesso lo aveva distolto dai più seri propositi."

Il protagonista del racconto non è, come si può supporre dal titolo Henry Hastings, bensì sua sorella Elizabeth, una giovane donna forte, indipendente e determinata, ben lontana dalle fragili e svenevoli signorine del periodo vittoriano (caratteristiche che ritroveremo nelle eroine bronteane delle opere mature, come Jane Eyre o Lucy Snowe). 

Henry Hastings è in realtà un fuggitivo, un ricercato accusato di omicidio, vittima degli eccessi e della depravazione, che rischia la fucilazione qualora fosse catturato. Egli cerca rifugio presso sua sorella Elizabeth, la quale pur di salvarlo lo nasconde temporaneamente in casa sua, ma non tutto va per il verso giusto. La cattura di Henry e il relativo processo sono dietro l’angolo, compromettendo così anche la serenità di Elizabeth che non dimentica che suo fratello non è sempre stato un delinquente; infatti, c’è stato un tempo in cui Henry era un giovane pieno di talento, carismatico, oltre che valoroso comandante del diciannovesimo reggimento di Angria. La sua caduta e la sua cattura sconvolgono l’esistenza della giovane protagonista, fino a quando egli non è scagionato ed ella può tornare a vivere un’esistenza dignitosa. È abbastanza chiaro come questo racconto possegga spunti autobiografici e rifletta il rapporto che in quegli anni si stava deteriorando tra Charlotte e Branwell Brontë; quest’ultimo come Henry sembrava essere il più promettente membro della famiglia, fino a quando l’alcol non ne distrusse sogni e aspettative, suoi e della sua stessa famiglia. I due fratelli del racconto, come quelli della realtà, prendono così strade diverse e quando la vicenda sembra volgere al termine, ecco che per Elizabeth si affaccia sulla scena l’amore, quello vero, ma anche impossibile da realizzare, e si materializza nella figura di Sir William Percy (altro personaggio fondamentale dei racconti di Angria). Per disparità di condizione e perché Elizabeth non può fare torto al proprio orgoglio accettando un ruolo da sola amante, lei, da donna coraggiosa  e dotata di carattere qual è, vi rinuncia. Le pagine conclusive del racconto, in cui Elizabeth e Sir Percy si dicono addio, sono molto belle e intense. Elizabeth Hastings è una prima Jane Eyre, che non ha paura di lottare, non teme la rinuncia, ma orgogliosamente sceglie sempre la propria dignità, a costo di lasciarsi alle spalle la felicità. 










Il segreto

"La morte e le acque profonde mi tengono incatenato lì dove sono; sii felice e non pensare più al tuo primo amore."

Marian Hume, marchesa di Douro, è la protagonista di questo breve racconto, che si compone di solo quattro capitoli, ed è anch’ella una donna combattuta tra il senso del dovere e l’amore. Marian sembra vivere un’esistenza tranquilla accanto al marito e al loro piccolo bambino, fino a quando nelle loro vite non ricompare una sgradita conoscenza: la signorina Foxley, la sua ex istitutrice. Quest’ultima è determinata a rovinare l’armonia della coppia, per essere stata, anni prima, rifiutata dallo stesso marchese di Douro (o Zamorna). Per consumare la sua vendetta, la perfida Foxley informa Marian di un segreto che la riguarda e che ha a che fare con un promesso sposo che tutti ritenevano annegato in un viaggio per mare, ma che adesso è misteriosamente ricomparso. Marian ricorda che, sul letto di morte, aveva promesso a sua madre di sposare Henry Percy (fratello minore di William in Henry Hastings), figlio della sua più cara amica. Dopo il naufragio del suo promesso però, la giovane - dopo molte peripezie e ripensamenti, dovute sempre alle macchinazioni della Foxley - aveva finalmente accettato di sposare il marchese di Douro e di andare incontro alla sua felicità. Adesso che, però, lo sposo fantasma è ricomparso, Marian come deve comportarsi? Quale destino l’attende? È davvero Henry, il suo promesso sposo, risorto dagli abissi, o solamente un’illusione? Per scoprirlo v’invito a leggere questo piccolo ma avvincente libretto, pieno di suspense e che mostra già alcune delle caratteristiche tipiche della scrittura adulta di Charlotte Brontë, come i tratti gotici e le figure misteriose che tengono alta la tensione. 







All'hotel Stancliffe e altri racconti giovanili

I racconti che ne fanno parte sono: Albione e Marina, Le nozze, Alta società, Il ritorno di Zamorna, Mina Laury e All’hotel Stancliffe
Il primo, Albione e Marina, che ho trovato molto delicato e poetico, Charlotte lo scrisse a soli quattordici anni e in quattro ore, ed è il racconto di apertura dell’intero ciclo di Angria oltre che la prima storia d’amore che la più grande delle sorelle Brontë abbia scritto. 
L’ultimo, All’hotel Stancliffe, è stato composto da Charlotte quando era una ventitreenne, quindi quasi un decennio dopo. L’originale si compone di 34 pagine scritte con caratteri minuscoli decifrabili solo con una lente d’ingrandimento; conservato al museo di Haworth, è apparso per intero sul ‘Times’ solo nel 2003. 
Ciò che colpisce maggiormente di questi scritti sono le descrizioni dei luoghi: Charlotte descrive i paesaggi con minuzia di particolari, come se avesse davvero visto con i suoi occhi l’intero regno di Angria, che geograficamente, nella sua fantasia e in quella del fratello, era situato in Africa. Posti che, nell’isolamento della canonica, ha conosciuto solo attraverso la lettura.
Gli stessi personaggi sono ben caratterizzati, ognuno ha una sua psicologia che ci fa capire il precoce spirito d’introspezione che la giovane Charlotte possedeva e riversava nel suo mondo immaginario, su carta. La sua abilità nel sondare le passioni umane è già abbozzata distintamente in questi juvenilia.
I sei racconti, tutti arguti e caratterizzati da dialoghi abbastanza vivaci, come si può ben immaginare, sono tra loro concatenati: personaggi presenti in uno riappaiono poi nelle vicende di un altro, proprio come se fossero capitoli che vanno a comporre un unico grande romanzo scritto in un arco di tempo molto ampio. Le varie vicende ruotano attorno al bellissimo e temuto Zamorna,  il Re di Angria, uomo carismatico ed eroe, nella saga, di Charlotte. Il suo nemico, di cui in seguito diviene il genero, è il conte Northangerland, eroe preferito da Branwell. I due sono le massime autorità del regno intono ai quali tutti gli altri si muovono come comparse. A narrare le vicende è Charles Wellesley, fratello minore di Zamorna, che tollerando poco l’illustre e altezzoso parente, si diverte a tratteggiarne la figura prepotente, che riesce sempre a cavarsela, in amore grazie alla sua capacità di ammaliare le donne, e in politica grazie alla retorica sempre persuasiva. 
Gli intrecci sono ben costruiti, il colpo di scena non è mai scontato. 
Escluse alcune figure marginali, le donne presenti nei racconti sono due: Mary Henrietta Percy, figlia di Northangerland e terza moglie di Zamorna, e Mina Laury, amante e quindi mantenuta del Re. La prima, innamoratissima del marito che sempre l’abbandona e che sembra divertirsi a lasciarla preda delle sue angosce, è una creatura delicata, elegante, resa insicura da lui: non possiede i tratti della tipica eroina brontëana. La seconda, Mina, seppur in una condizione di condanna e di pregiudizio da parte della società per il ruolo che ricopre e che ella stessa accetta (vive rilegata in una villa al margine di Angria, dove solo raramente riceve le visite del suo amante-padrone), è altrettanto innamorata del medesimo uomo e con obbedienza stoica e spirito di sottomissione, è la donna che davvero riesce a tenere in scacco l’indomito Zamorna. Mina Laury è forse la prima figura femminile che contiene quel germe che anni dopo ha dato forma e fama a Jane Eyre e a Lucy Snowe: lo spirito di abnegazione nonostante i sentimenti del proprio cuore.
I racconti che più ho gradito sono stati Albione e Marina per la poeticità, Alta Società per il colpo di scena finale e Mina Laury per l’intensità della narrazione. Quello che mi è piaciuto meno è stato proprio il racconto che dà il titolo alla raccolta. 


Nessun commento:

Posta un commento