Maddalena De Leo - nota studiosa del mondo brontëano, traduttrice e referente italiana della Brontë Society - prende spunto da quest’episodio biografico della vita di Charlotte Brontë, che perse la madre quando aveva solo cinque anni, per ricostruire il ritratto di quest’ultima, vissuta tra il 1783 e il 1821.
Di Maria Branwell, ad oggi, si conosce ancora poco, ma avvalendosi di fonti scritte e dell’esperienza personale di viaggio nei luoghi ove ella visse, compresa la sua terra natia, la Cornovaglia, De Leo immagina Charlotte Brontë redigere un ipotetico diario della madre, nel quale, anno dopo anno, si delinea il quadro che ne raffigura la ragazza spensierata prima e la donna pia poi.
Maria Branwell, 3 ottobre 1812
Conosciamo una giovane Maria, felice e appagata, figlia di un benestante mercante di tè, sempre presente alle serate danzanti di Penzance, la sua città, partecipe alle riunioni nei salotti, alle gite con i suoi coetanei nei suggestivi scenari che la circondano. È una ragazza fortunata, almeno fino alla morte dei suoi genitori, quando tutto cambia e comprende che la sua vita non sarà mai più la stessa. Lo scorrere del tempo e la mancanza di uno scopo portano Maria, all’età di ventiquattro anni, a decide di lasciare le amate sorelle e la Cornovaglia, terra alla quale è legatissima, alla ricerca del proprio futuro. La destinazione è lo Yorkshire, nel nord dell’Inghilterra, dove del tutto inaspettatamente incontra il focoso e un po’ irascibile reverendo Patrick Brontë, irlandese, di cui si innamora e che sposa nel 1812. Il racconto prosegue con il resoconto annuale dei primi anni da sposata e dei numerosi parti, fino all’arrivo in quella canonica di Haworth, che ogni appassionato brontëano ben conosce e dove lei si spense precocemente.
Il romanzo della vita di Maria Branwell è un’ottima ricostruzione della figura femminile che certamente lasciò un vuoto incolmabile nella vita delle proprie figlie, ed è una vita sì immaginata, romanzata, ma su basi vere e fonti certe.
Si percepisce come la De Leo, da vera appassionata, abbia visitato quei luoghi alla ricerca di un’anima del passato, spesso trascurata, da immortalare tra le pagine e a mio parere ci è riuscita.
In appendice, un’aggiunta di valore è rappresentata dalle nove lettere - tradotte della stessa autrice - che Charlotte Brontë ricevette dal padre e attraverso le quali poté conoscere meglio Maria Branwell, sua madre.
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